FarmacistaPiù. La realtà dei farmacisti collaboratori. Ancora molte promesse mancate

L’intervento della presidente Conasfa, Silvera Ballerini

A cura di Redazione Farmalavoro

Mi sarebbe molto piaciuto intervenire in questo contesto esprimendo la soddisfazione per l’approvazione di leggi che disciplinino la nostra professione, valorizzandone l’importanza ed attribuendole la giusta dignità.
 
Mi sarebbe piaciuto prendere atto anche del rinnovo del nostro contratto ormai scaduto da ben 4 anni.
 
Purtroppo, dall’ultima edizione di Farmacista Più (un anno fa) nel nostro mondo professionale niente è cambiato, la staticità in negativo regna sovrana.
 
E siamo qui, ancora una volta, ad interrogarci sul ruolo che deve avere il farmacista e in che modo possa esercitare la sua funzione di operatore sanitario al servizio della collettività.
 
Tutti noi siamo consapevoli dell’importanza che il nostro ruolo riveste nel mondo sanitario, tuttavia ci chiediamo se le varie figure istituzionali con le quali costantemente ci confrontiamo abbiano davvero intenzione di riconoscerci tale valore. Il nostro timore è che gli organi istituzionali preposti siano ancorati ad una immagine sbagliata della nostra professione, ad una concezione vecchia e stereotipata che non corrisponde assolutamente alla realtà.
 
L’università, per esempio, dovrebbe al più presto rivedere anche il piano di studi recentemente approvato, portandolo ad un livello moderno, adeguato al contesto attuale, in modo che lo studente possa finalmente essere preparato a svolgere adeguatamente una professione al passo con i tempi ed in continuo divenire.
 
Un piano di studi che:
• dia priorità ed esalti le materie mediche piuttosto che quelle chimiche, prevedendo, altresì, l’inserimento delle medicine complementari che sono ormai diventate di uso comune;
• dia la giusta importanza anche al farmaco veterinario del quale riscontriamo sempre maggiore richiesta.
 
Inoltre con molta amarezza, perché non dovrebbero esserci ostacoli per i giovani riteniamo non più rinviabile l’adozione del “numero chiuso” per l’accesso alla facoltà di Farmacia. Cosa che, sicuramente, determinerebbe un calo nella disoccupazione che sta invece assumendo connotazioni sempre più preoccupanti. Fare laureare professionisti in numero esponenzialmente maggiore alla richiesta del mercato ha l’unico effetto di incrementare ancora di più le fila dei giovani disoccupati.
 
A tale riguardo, occorre ripensare la figura del farmacista in modo che possa trovare utile collocazione anche al di fuori del circuito tradizionale delle farmacie territoriali, prevedendo, per esempio, il “farmacista di reparto” o anche presente nell’ambito degli istituti di pena, cliniche private, residenze sanitarie assistite.
 
In questo contesto apprendiamo e approviamo la presentazione di un ddl avvenuto proprio in questi giorni da parte dei Senatori Mandelli e Lettieri che ribadiscono in alcuni punti proprio questi concetti che noi portiamo avanti.
 
Siamo convinti che vi sia, ormai, una visione convergente e condivisa a livello mondiale per quanto attiene il ruolo del farmacista che non può e non deve essere più relegato alla logistica ed alla dispensazione ma che dovrà, invece, indirizzarsi sempre più verso i servizi avanzati, ad alto valore aggiunto, privilegiando le competenze specifiche che tengano conto più del benessere del paziente che al farmaco stesso.
 
Per chi esercita una professione sanitaria, la priorità deve essere sempre e comunque la “centralità della persona”.  Se la parte professionale e imprenditoriale non  riusciranno ad integrarsi a favore di queste necessità, diventerà forte e concreto il rischio di involuzione della professione del “farmacista di comunità”, involuzione che, in qualche misura, abbiamo già potuto più volte riscontrare.
 
La nostra posizione è sempre stata e continua ad essere quella di un sostegno ad ogni processo di “modernizzazione” del settore, a patto che siano rigidamente definiti dei parametri per il mantenimento di un sistema che ancora oggi, tra mille problemi e difetti, riesce a produrre risultati positivi per la salute pubblica:
• dispensazione scientificamente corretta del farmaco;
• presenza capillare sul territorio;
• mantenimento di una cultura sanitaria del farmacista.
 
E’ innegabile che nelle farmacie si registrino, sempre  più, scelte imprenditoriali, dove l’equilibrio tra la professione e l’aspetto commerciale è ormai fortemente sbilanciato a favore di quest’ultimo. Bisogna però anche riconoscere che il titolare di farmacia, suo malgrado, viene costretto, da un mercato implacabile che adotta logiche che considerano l’essere umano solo come fattore economico, a diventare un imprenditore o, peggio ancora, a volte anche un bottegaio.
 
A svolgere la nostra professione, che prevede la dispensazione di consigli e spiegazioni al fine di tutelare maggiormente il paziente, ci siamo noi, i farmacisti collaboratori, che siamo l’anima delle farmacie dove operiamo .
 
Collaboratori che, non solo vengono poco valorizzati nonostante svolgano un ruolo fondamentale per la collettività, ma addirittura bistrattati economicamente ed in alcuni   casi anche sostituiti con personale non laureato senza che ci si ponga la preoccupazione del grave danno che tale azione potrebbe arrecare alla salute del paziente. Prescindere dal binomio FARMACO –FARMACISTA non solo costituisce un grave pericolo per l’utenza ma è, altresì, un’aberrazione in termini etici che svilisce ancora di più la nostra professione .
 
Altro aspetto da evidenziare riguarda il “concorso straordinario” che costituiva, per molti colleghi, legittima speranza di poter diventare titolari. Rileviamo però che lo svolgimento di tale concorso è precipitato nel caos totale a causa di confuse linee guida e conseguenti ricorsi amministrativi che hanno sortito l’effetto, nella maggior parte delle Regioni, di bloccare la definizione delle graduatorie e la conseguente impossibilità di effettuare gli interpelli. Alla luce di questa esperienza possiamo serenamente affermare che è molto più funzionale l’effettuazione del concorso ordinario il quale, peraltro, assicura una maggiore equità nell’attribuzione delle sedi farmaceutiche.
 
Per quanto attiene l’aspetto previdenziale, si rileva che siamo costretti da leggi obsolete a pagare anche una seconda contribuzione all’ENPAF.
 
Siamo inoltre tenuti ad effettuare i corsi ecm con oneri economici a nostro carico e con frequentazione fuori dal nostro orario di lavoro perché su questo argomento niente è previsto dal nostro contratto di lavoro.
 
Contratto, come già citato in premessa, scaduto da ben quattro anni e che prevede una paga oraria netta di euro 7,50 (meno di una colf, senza niente togliere alle colf!!!)
 
Contratto che ti concede solo 180 giorni per guarire, per esempio, da una malattia grave come un carcinoma e al termine di tale periodo non percepirai alcuna forma di reddito e potrai essere anche licenziato per giusta causa.
 
Inoltre non esiste carriera professionale per noi farmacisti collaboratori. Puoi aver frequentato tutti i corsi, le scuole di specializzazioni e i master possibili, ma niente viene preso in considerazione se non gli scatti previsti per anzianità di servizio. Il risultato è che questo capitale umano non viene valorizzato al fine di rendere la farmacia pronta per le grandi sfide che sono ormai alle porte (l’invecchiamento della popolazione, l’immigrazione, il disagio sociale, l’aumento della povertà). Tutte sfide che necessitano di un forte incremento di servizi e quindi anche noi farmacisti saremo chiamati a fare la nostra parte, a dare il nostro contributo professionale a favore di una collettività che spesso vede nella nostra figura un primo ed immediato riferimento per le proprie problematiche di carattere sanitario ma non solo.
 
Per quanto attiene le rappresentanze, facciamo rilevare che, di fatto, un collaboratore di farmacia non ha la possibilità di rivestire incarichi istituzionali come, per esempio, Presidenza dell’Ordine, in quanto l’espletamento di tale funzione richiederebbe una disponibilità temporale che alla nostra categoria è preclusa poiché non sono contrattualmente previsti permessi particolari al riguardo. Tale dinamica determina la assoluta esclusione dei farmacisti collaboratori dagli organi direttivi di Enti quali ENPAF e FOFI, cosa inammissibile se non addirittura grottesca visto che la nostra categoria è composta prevalentemente da “farmacisti collaboratori”. Si potrebbe, al riguardo, proporre una modifica statutaria prevedendo l’elezione diretta dei direttivi tali Enti.
 
L’amara verità, cari colleghi collaboratori, è che siamo divisi in tante piccole realtà ed è fondametalmente questa la nostra grande debolezza e quindi trovarsi uniti per portare avanti le nostre giuste battaglie è molto difficile.
 
La situazione è cominciata, però, a cambiare da quando è nata CONASFA che, tra mille difficoltà ma con crescenti successi, riesce, in qualche modo, a fare rete tenendo unita la nostra categoria. Inoltre, con la nascita del nostro sindacato SINASFA, tanti sono i colleghi supportati nell’affrontare le innumerevoli difficoltà contrattuali. Al riguardo evidenziamo e continuiamo a sostenere il forte impegno di Sinasfa nel far, finalmente, maturare la coscienza sindacale all’interno della nostra categoria al fine di poter equilibrare il rapporto tra titolari e collaboratori.
 
Conasfa e Sinisfa hanno ancora tanto da fare, ma con l’appoggio sempre più incisivo dei nostri colleghi, riusciremo a cambiare questo sistema così penalizzante e iniquo.

 

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