Prendono il via i lavori che dovranno portare alla riforma dell’Enpaf, l’ente previdenziale dei farmacisti. A dare la spinta, l’acceso dibattito scaturito tra l’Enpaf e la Fofi in occasione di un’audizione dello scorso maggio alla Camera, quando la Fofi denunciò i punti deboli del sistema di previdenza dei farmacisti, resi ancora più marcati dalla crisi economica tanto da diventare per alcuni, a partire dai disoccupati, addirittura un fardello anziché uno strumento di sostegno della categoria.
Superate le polemiche, il Consiglio Nazionale dell’Enpaf ha accolto la proposta di riformare l’Ente. A questo scopo sono state istituite due Commissioni, che avranno il compito di elaborare una proposta di riforma dell’assetto previdenziale e assistenziale della categoria. Proposta che, secondo quanto annunciato dall’Enpaf, dovrebbe essere pronta ad ottobre.
Ma i lavori non partiranno da zero. La Federazione degli Ordini dei Farmacisti ha infatti avanzato alcune sue proposte sui contenuti della riforma. E in particolare:
• per coloro che sono in stato di disoccupazione involontaria oppure abbiano altra copertura previdenziale, prevedere la cifra simbolica di contribuzione di un euro pro capite;
• procedere ad una modifica normativa, relativamente alla categoria dei farmacisti, che preveda per la condizione di disoccupazione involontaria l’iscrizione all’ENPAF ai soli fini assistenziali;
• introdurre, sempre per via legislativa, un esplicito esonero, in caso di altra copertura previdenziale obbligatoria, dall’iscrizione all’ENPAF, con il conseguente venir meno dell’onere di pagamento contributivo delle quote previdenziali ed assistenziali;
• conseguentemente, in analogia a quanto fatto dalle altre casse previdenziali, avviare una approfondita riflessione sull’opportunità di passare ad un sistema contributivo con la correlata attualizzazione della normativa sul contributo dello 0,90 di cui al D.L. 187/1977, convertito dalla L. 395/1977, in modo tale che le pensioni siano il risultato dei contributi versati dagli iscritti nell’arco della propria vita lavorativa.
Abbiamo chiesto ad Assofarm, alla Fenagifar, al Conasfa, alla Federazione Nazionale delle Parafarmacie Italiane cosa ne pensano delle proposte della Fofi. Ma anche quali sono i loro auspici e, se ci sono, ulteriori proposte da portare sul tavolo della riforma. Ecco cosa ci hanno risposto.
Assofarm: “Ammodernare l’Enpaf è una necessità inderogabile”
Per l’Associazione delle farmacie comunali, le proposte della Fofi vanno nella giusta direzione. “Si potrebbe legare l’entità dei contributi al reddito prodotto e ciò con la consapevolezza che la gravità della situazione economica di tutto il settore impone di operare per attenuare la situazione di bisogno in cui versano numerosi iscritti”, spiega Assofarm. Secondo la quale “non è più derogabile, dopo oltre cento anni della sua istituzione, un processo di riforma dell’Enpaf, anche alla luce delle mutate condizioni della società italiana. Un necessario intervento di ammodernamento che accentui il contributo in termini di garanzie della qualità tecnico professionale dei farmacisti nonché della valorizzazione della componente sociale della professione degli stessi”.
Conasfa: “La priorità è abrogare la doppia contribuzione ed introdurre la ‘libera scelta’ di aderire o meno all’Enpaf”
L’auspicio del Conasfa (Federazione nazionale delle associazioni dei farmacisti non titolari) è che “finalmente il farmacista dipendente possa esprimere e attuare il principio della ‘libera scelta’ nell’aderire o meno all’ENPAF, perché già provvisto di previdenza di primo pilastro. Per i farmacisti dipendenti che hanno versato ad Enpaf i contributi, e decidono di lasciare l’Enpaf, si chiede che venga applicato l’istituto della ricongiunzione cioè poter spostare quanto versato, all’INPS o che vengano studiate delle forme di restituzione del versato. Questo schema permetterebbe, salvaguardato il principio della ‘libera scelta’, di rispondere a tutte le posizioni allo stato attuale in atto: dai i più giovani e quelli a venire (sicuramente i più svantaggiati vista la situazione occupazionale) sino ai più anziani (oramai anche loro a rischio).
La ‘libera scelta’ di aderire all’Enpaf per i farmacisti dipendenti – spiega il Conasfa – metterebbe la parola fine a tutta una serie di criticità ad oggi rilevate, come la finestra di disoccupazione limitata ai 5 anni ma anche tutte le problematiche relative alla comunicazione ad Enpaf della “esatta”, e a molti sconosciuta, ‘condizione lavorativa per riuscire a mantenere la riduzione’ (esercizio della professione per 6 mesi e un giorno all’anno di lavoro dipendente o disoccupazione certificata dal centro per l’impiego o somma delle due condizioni)”.
Per Conasfa, comunque, “l’auspicio più grande è che avvenga quindi la stesura e l’approvazione di un disegno di legge che vada finalmente ad abrogare la legge del 1946 che impone la doppia contribuzione ai medici, veterinari e farmacisti dipendenti. Infine ci preme rilevare, come le modalità di elezione dei rappresentanti ai vertici, il numero dei Consiglieri nazionali, dovrebbero essere rivisitati per dar modo ai singoli iscritti di scegliere il proprio rappresentante direttamente o il proprio delegato al voto”.
Per la Federazione Conasfa, inoltre, sarebbe “opportuno” che gli iscritti in stato di disoccupazione “quanto meno venissero esonerati dal pagamento della quota di solidarietà. I giovani farmacisti che rimarranno legati all’Enpaf, in quanto liberi professionisti, dovrebbero poter essere esentati da quote previdenziali troppo alte in proporzione al reddito o aiutati nei momenti di difficoltà con forme di assistenza dell’Enpaf in modo da evitarne la cancellazione dall’Albo”.
Nel caso in cui non si prefigurasse una soluzione legislativa per la libera adesione all’ente, il Conasfa esprime “apprezzamento per il tentativo di soluzione proposto dalla FOFI”, della cifra simbolica di contribuzione di 1euro pro capite, “purché il pagamento dell’euro non abbia un limite temporale”. La Federazione Conasfa dice sì anche alla proposta della Fofi di prevedere, per la condizione di disoccupazione involontaria, l’iscrizione all’ENPAF ai soli fini assistenziali. “Aggiungiamo però che è importante che non venga perso quanto precedentemente versato all’Enpaf”.
La Fofi trova sostegno nel Conasfa anche alla proposta di introdurre, sempre per via legislativa, un esplicito esonero, in caso di altra copertura previdenziale obbligatoria, dall’iscrizione all’ENPAF, con il conseguente venir meno dell’onere di pagamento contributivo delle quote previdenziali ed assistenziali. “Da decenni – spiega il Conasfa – la stragrande maggioranza dei farmacisti dipendenti auspica che l’iscrizione all’Enpaf sia volontaria, quindi non possiamo che essere favorevoli a tale proposta. Tuttavia ci chiediamo, in caso di approvazione, cosa succederebbe ai farmacisti inoccupati che non godono di altra copertura previdenziale obbligatoria”.
Fenagifar: “Necessaria una riforma in linea con la mutata situazione di tutti i farmacisti”
Per la Federazione nazionale delle associazioni dei giovani farmacisti (Fenagifar) “lo stato attuale di crisi ha solo accelerato quello che comunque sarebbe dovuto divenire una metamorfosi del sistema per adeguarlo alle necessità dell’evoluzione della società odierna. Riteniamo, che il sistema previdenziale, Enpaf, sia ad una svolta di boa. È necessaria una riforma che tenga conto della mutata situazione lavorativa e contributiva di tutti i farmacisti”.
Quanto ai contenuti di questa riforma, per la Fenagifar “dovrebbe passare tramite alcuni punti fermi del sistema attualmente in vigore che andrebbero completamente scardinati per portare ad un sistema più snello ed efficiente. Innanzitutto, per quanto ci riguarda, un primo passo doveroso, attraverso una modifica normativa, è il dover sganciare l’iscrizione all’Ordine dei Farmacisti dall’iscrizione all’Enpaf, in quanto sia per motivi occupazionali in termini di quantità, sia per i nuovi sbocchi professionali che il farmacista sta vedendo aprirsi ai propri orizzonti, non ha più alcun senso essere legati obbligatoriamente ad una cassa previdenziale di categoria. Bisogna oltremodo tener conto che la situazione occupazionale non permette l’iscrizione ad un ordine che prevede contributi di ‘cassa’ così onerosi da sostenere. Bisognerebbe infatti pensare ad un contributo di solidarietà simbolico da versarsi fino a quando la variazione di posizione lavorativa non lo consenta”.
Inoltre, secondo la Fenagifar “bisogna ricordare che i dipendenti di farmacia hanno la possibilità di accedere al pagamento del solo contributo di solidarietà annuo, che comunque per loro non avrà mai un ritorno, mentre chi sceglie di lavorare in altri settori è tenuto a corrispondere l’intera cifra annua, anche se già regolarmente iscritto all’Inps quale dipendente o all’Enasarco se inquadrato come agente di commercio. Queste persone dovrebbero come minimo poter accedere anch’esse al pagamento del solo contributo di solidarietà, che comunque in ogni sua forma andrebbe abolito. Infatti il pagamento da parte dei dipendenti di farmacia del solo contributo di solidarietà rappresenta per loro un versamento a fondo perduto annuo obbligatorio a cui l’ente potrebbe sopperire attuando una rivalutazione e soprattutto una rivalorizzazione del patrimonio immobiliare di cui dispone”.
Per quel che riguarda i disoccupati, Fenagifar propone di “eliminare il limite dei 5 anni, e non esteso a 7, per la possibilità di non pagare nulla; in base ai mesi di occupazione potrà essere richiesto o meno di essere iscritti ad una cassa previdenziale”. “Per quel che riguarda invece la categoria realmente interessata dal sistema pensionistico dell’Enpaf, cioè i titolari, questi ad oggi corrispondono la quota fissa oltre ad una quota pari allo 0,9% della distinta mutua mensile. A fine carriera pochi sono i farmacisti che ricevono una adeguata pensione dall’ENPAF”, osserva la Fenagifar, secondo la quale “andrebbe data a tutti i titolari la facoltà di scegliere la quota di distinta mutua da destinare all’ENPAF, oltre alla quota fissa annua vedendosi poi ritornare, in base ai versamenti effettuati e agli anni versati, una adeguata pensione”.
Gullotta (Parafarmacie): “Non è sostenibile che i titolari di parafarmacia paghino quanto i titolari di farmacia”
“E’ necessario cambiare il sistema contributivo dell’Enpaf”. Ed è questo l’auspicio di Davide Giuseppe Gullotta, presidente della Federazione italiana Parafarmacie, secondo il quale “un contributo uguale per tutti i titolari di Parafarmacie e Farmacia non è poi sostenibile. Come più volte ribadito auspichiamo che si passi ad una contribuzione parametrata al fatturato, creando dei veri e propri scaglioni di fatturato. Riteniamo sbagliato che il titolare di una piccola farmacia rurale o di una piccola parafarmacia paghi tanto quanto il titolare della più grande farmacia italiana. Ovviamente andrebbe anche revisionato il concetto dello 0,90% che ad oggi penalizza di più le farmacie che fatturano più con le Asp”.
Per venire incontro in particolare alle difficoltà dei giovani farmacisti, per Gullotta “innanzitutto una quota simbolica per chi non lavora o è in cerca di lavoro sarebbe un buon passo in avanti. La cassa previdenziale non può essere il mezzo che blocca l’ingresso alla professione o all’iscrizione all’ordine”. Il presidente delle Parafarmacie italiane propone inoltre di “permettere la compensazione dei crediti iva con la cassa previdenziale, cosa permessa dalla legge, e che favorirebbe quei farmacisti titolari di piccole attività”.