“La farmacia dei servizi diventi un elemento centrale dell’assistenza territoriale”. Intervista a Giovanni Zorgno

Il modello di farmacia dei servizi è stato ormai “già sperimentato durante l’emergenza pandemica e deve diventare un elemento centrale dell’assistenza territoriale, un presidio polifunzionale e la porta d’accesso al Ssn”.

A cura di Redazione Farmalavoro

Giovanni Zorgno è il presidente dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Savona, ed è membro del Comitato centrale della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani. Con lui parlamo del ruolo delle farmacie nella sua regione, che ha una popolazione più anziana della media, ma a anche di formazione, dal momento che rappresenta la FOFI in seno alla Commissione nazionale per la formazione continua.

Presidente Zorgno, la Liguria ha una popolazione più anziana della media, come ha influito questo nella gestione della pandemia da parte dei farmacisti?

Direi che la prevalenza degli anziani ha determinato un cambiamento rapidissimo nella funzione del farmacista di comunità. Siamo stati chiamati ad affrontare, per esempio, i problemi che molti incontravano nell’uso di smartphone e computer quando è stata introdotta la ricetta dematerializzata, spesso parlando al telefono con il paziente. Abbiamo dovuto attrezzarci per la consegna a domicilio dei medicinali sia per chi aveva contratto il COVID, sia per i molti che già prima avevano una ridotta mobilità e che ora provavano anche paura a uscire di casa. A questo proposito, ricordo che ogni giorno abbiamo dovuto rassicurare e rincuorare i molti che cedevano allo sconforto o erano spaventati anche dalle tante inesattezze e fake news che sono circolate attraverso tutti i media o con il passaparola. A un certo punto, per esempio, si era sparsa la voce che gli animali domestici potevano essere fonte di contagio e c’era chi si rivolgeva a noi per sapere se doveva disfarsi del proprio cane. Sembrano dettagli, ma sono invece aspetti che pesano molto sulla qualità della vita delle persone. Siamo andati ben al di là della funzione di front office, siamo stati davvero un riferimento e un consulente a tutto tondo, sul piano professionale e anche, se non soprattutto, umano. Siamo stati visti come amici: le nostre comunità avevano bisogno in quel momento di un contatto diretto e nel farmacista lo hanno trovato.

La sua Regione è stata la prima ad avviare le vaccinazioni in farmacia, sia pure con un protocollo differente. Si può fare un primo bilancio? Ci sono stati inconvenienti? 

Bilancio molto più che positivo: vaccinare in farmacia è stato un successo in misura persino inaspettata. Il commento più comune delle persone è stato: “E’ come si fossi fatto vaccinare a casa mia”. La prova di un rapporto di conoscenza e di fiducia che è fondamentale per affrontare serenamente un trattamento o una terapia che non si conoscono e sui quali, magari, circolano giudizi contrastanti, come nel caso del vaccino Astra Zeneca che abbiamo impiegato all’inizio. Senza contare che anche la vaccinazione è stata un momento di contatto diretto e prolungato tra il cittadino e il professionista. Per molti aspetti questo clima differente può anche facilitare l’anamnesi, perché le persone si aprono più facilmente. Si parla da decenni dell’umanizzazione della medicina e credo che questo sia un esempio concreto. Mi auguro che si colga fino in fondo l’opportunità offerta dalle vaccinazioni da parte del farmacista in farmacia anche per le future campagne vaccinali, a cominciare da quella antinfluenzale. Inconvenienti o incidenti di un qualche rilievo non ne abbiamo registrati: nella mia farmacia, per esempio, due persone sono svenute alla vista dell’ago, ma non è certo un problema del vaccino…

La collaborazione tra le professioni, è uno dei nodi ma anche dei fondamenti dell’assistenza sul territorio, come pensa abbia inciso la fase dell’emergenza?

La collaborazione interprofessionale è effettivamente la chiave per rendere sempre più efficacie l’assistenza, per realizzare realmente la presa in carico del paziente come prevedono anche le linee di indirizzo della sperimentazione del modello della farmacia dei servizi. Quanto al ruolo avuto dall’emergenza, come si accennava nella domanda precedente, nelle farmacie liguri il servizio è cominciato con la presenza del medico, che ora è facoltativa, e in questa occasione c’è stata una grande collaborazione con i medici, la stessa che abbiamo registrato con gli infermieri con i quali abbiamo condotto l’esercitazione pratica necessaria a completare il percorso per abilitare i farmacisti al ruolo di vaccinatore. E’ evidente che l’emergenza favorisce il superamento di ostacoli o barriere. Credo che non si possa che proseguire su questa strada.

Lei è il rappresentante della FOFI nella Commissione Nazionale per la Formazione Continua, quali sono a suo avviso i risultati più importanti ottenuti dalla Federazione in questi anni?

La Federazione ha avuto un ruolo importante nell’ammodernamento di un sistema, quello dell’ECM, fermo da troppo tempo. Tre sono gli elementi fondamentali. Siamo passati da un sistema di formazione individuale a uno collettivo, con l’introduzione, che abbiamo fortemente voluto, del Dossier formativo per focalizzare la maggioranza dei professionisti sulle aree che più richiedono un aggiornamento costante, non disperdendosi in mille rivoli. Il secondo obiettivo per il quale abbiamo operato è il passaggio dalla logica della raccolta di crediti alla logica dell’acquisizione di competenze, che a sua volta comporta l’adozione di un sistema premiale. In altre parole, si passa dall’obbligo di raccogliere un certo numero di crediti “per essere in regola” al riconoscimento, attraverso una riduzione dell’obbligo formativo, del valore professionale e culturale del percorso che il farmacista ha seguito. E proprio in coerenza con questa linea abbiamo offerto ai colleghi, grazie anche all’opera della Fondazione Francesco Cannavò presieduta da Luigi D’Ambrosio Lettieri, una serie di corsi di alto livello coerenti con le linee del Dossier e centrati sui temi di maggiore attualità. Il tutto, mi sembra doveroso sottolinearlo, mantenendo sempre la gratuità della frequenza.

Anche in tema di ECM la crisi ha avuto dei riflessi, immagino. 

Indubbiamente: basti guardare all’enorme successo raccolto dai corsi sul SARS-CoV-2, sui test per la ricerca del virus e infine da quelli dedicati alle vaccinazioni, con poco meno di 30.000 professionisti che lo hanno completato in poche settimane. Essere entrati in un territorio sconosciuto, l’innalzamento dell’attenzione richiesto dall’emergenza pandemica hanno aumentato la spinta a formarsi e informarsi, e questo è motivo di orgoglio per tutta la professione.

Quale innovazione del ruolo del farmacista vorrebbe veder realizzata già domani?

Non credo di poterne indicare una sola: quello che voglio vedere realizzato domani, per così dire, è il programma contenuto nel Documento federale sulla professione presentato da Andrea Mandelli, nel 2006, a Palazzo Marini. A cominciare dal modello della farmacia dei servizi, che a questo punto abbiamo già sperimentato durante l’emergenza pandemica e che deve diventare un elemento centrale dell’assistenza territoriale, un presidio polifunzionale e la porta d’accesso al SSN. La vera prossimità delle cure si può basare realisticamente solo sul medico, il farmacista e l’infermiere che sono già, da sempre, sul territorio. 

 

Fonte: IlFarmacistaOnline

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