Focus Aifa. I prezzi dei farmaci in Europa: quali prospettive?

Come evidenziato dall’AIFA in varie sedi, a fronte dell’ondata di innovatività in arrivo si rende sempre più urgente valutare l’opportunità e la fattibilità di un’azione sinergica a livello sovranazionale

A cura di Redazione Farmalavoro

I medicinali ad alto costo rappresentano una delle sfide più difficili da vincere, sia all’interno dell’Unione Europea che oltreoceano, e per questo su più fronti proseguono le analisi in merito alle politiche più efficaci per mantenere i prezzi sotto controllo, garantendo al contempo l’accesso ai cittadini, la tenuta dei budget pubblici e il sostegno all’innovazione
 
Si tratta dell’obiettivo più importante sia per le autorità nazionali competenti che per i soggetti pagatori pubblici dal momento che le politiche di prezzo e rimborso dei farmaci rimangono competenza degli Stati Membri dell’Unione Europea.
 
Nel contesto europeo, il modello italiano è peculiare, non solo perché fanno capo a uno stesso ente – l’AIFA – sia l’autorizzazione che la negoziazione e le decisioni sulla rimborsabilità dei farmaci, ma anche perché le strategie utilizzate dall’Agenzia italiana contemplano una pluralità di strumenti, alcuni dei quali innovativi.
 
La negoziazione dei prezzi in Italia avviene secondo criteri di rapporto di costo-efficacia, costo terapia o costo/die comparativo con prodotti di simile efficacia e sicurezza per le medesime indicazioni terapeutiche, valutazione dell’impatto economico sul SSN, quote di mercato e stima di pazienti eleggibili al trattamento con il nuovo farmaco, nonché benchmark dei prezzi e dei consumi in altri paesi europei.
 
L’attività è integrata dai dati dell’Osservatorio OsMed, dalla valutazione di studi di HTA e supportata dall’utilizzo dei Registri di Monitoraggio AIFA e da specifici strumenti di rimborso (i cosiddetti Managed Entry Agreements) quali quelli di condivisione del rischio economico con le aziende (es. Conditional Reimbursement Schemes).
 
Tuttavia, come evidenziato dall’AIFA in varie sedi, a fronte dell’ondata di innovatività in arrivo si rende sempre più urgente valutare l’opportunità e la fattibilità di un’azione sinergica a livello sovranazionale. Per tale ragione, l’avvio di una riflessione su queste tematiche nell’Unione Europea non può che essere un buon auspicio.
 
In quest’ottica, un consorzio formato da università e istituti di ricerca austriaci e lussemburghesi ha ricevuto l’incarico, da parte della Commissione Europea, di esplorare due opzioni, quella del prezzo esterno di riferimento (EPR – External Reference Price) e quella del sistema dei prezzi differenziali (DP- Differential Price). La valutazione aveva l’obiettivo di esaminare le potenzialità derivanti dall’adozione di questi due strumenti nel raggiungere gli obiettivi citati in precedenza, migliorando l’accesso ai medicinali da parte dei pazienti e al tempo stesso generando risparmi per i contribuenti pubblici.
 
Sia pure con approcci e modalità differenti, l’ERP (noto anche come fissazione dei prezzi tramite benchmarking internazionale) è utilizzato in venti paesi europei sui 32 esaminati come unica o principale politica di prezzo, anche se per i nuovi farmaci ad alto costo cresce l’impiego delle valutazioni farmaco-economiche e dell’HTA.
 

Per applicare questo sistema gli Stati Membri istituiscono un “paniere” di confronto con altri paesi, i cui prezzi vengono usati come indicatori per stabilire quelli dei medicinali nel mercato interno e tenendo in considerazione numerosi fattori.
 
Riguardo all’obiettivo dell’accesso – osservano gli Autori del Rapporto – l’ERP presenta alcuni limiti: incentiva, ad esempio, i titolari di AIC a lanciare prima i loro prodotti nei paesi in cui i livelli di prezzi sono più elevati, in modo tale che i prezzi di listino proprio laddove questi sono più elevati siano poi da riferimento per la fissazione di prezzi in altri paesi, fino a ritardare il lancio, o addirittura a non commercializzare alcuni farmaci, nei paesi con livelli di prezzi inferiori,. Anche alcune carenze di medicinali, osservate sempre più spesso in alcuni paesi europei negli ultimi anni, così come la convergenza sui prezzi, sarebbero in parte attribuibili a lanci strategici dell’industria in risposta al meccanismo dell’ERP.
 
L’ERP, si legge ancora nel Report, si è rivelato comunque in grado di generare in alcuni paesi un risparmio per i pagatori pubblici, almeno nel breve termine. Ventidue dei trentadue Paesi esaminati hanno riferito di utilizzare sconti, ribassi o accordi confidenziali (es. MEA). Si tratta di strumenti che consentono di generare risparmi per i bilanci pubblici dei paesi che li utilizzano – osservano gli Autori – mentre quelli che fanno riferimento a questi prezzi non beneficiano delle medesime riduzioni di prezzo.
 
Anche la selezione del panel di paesi di confronto può produrre effetti diversi in termini di risparmi e di accesso. Una proposta degli autori è quella di selezionare paesi con contesti economici simili, fare riferimento a prezzi ponderati rispetto al PIL o al Potere d’Acquisto (PPP). Inoltre, sarebbe auspicabile lo scambio di informazioni e di buone pratiche tra gli Stati Membri, in particolare attraverso gli strumenti esistenti, come la banca dati dei prezzi dei farmaci europei (Euripid).
 
Il meccanismo dei prezzi differenziali, che consiste nella politica dei governi (o delle istituzioni internazionali) di fissare i prezzi dei farmaci in base alla capacità di pagare (“ability-to-pay”), e/o alla situazione economica dei paesi, non trova applicazione in ambito farmaceutico in Europa. La letteratura suggerisce l’utilizzo su bassa scala tipicamente nei paesi a basso e medio reddito per gruppi specifici di farmaci (vaccini e farmaci contro HIV/AIDS, tubercolosi e malaria). Esistono pochissimi esempi di approcci collaborativi dei governi (ad esempio, in America Centrale) per la fissazione congiunta di prezzi differenziali: il più delle volte la decisione è assunta a livello centrale da agenzie o programmi internazionali come l’UNICEF.
 
In questi casi, il DP è stato introdotto con l’obiettivo di garantire l’accesso a farmaci che altrimenti non sarebbero stati forniti in quei mercati. Alcuni prerequisiti per l’utilizzo efficace del prezzo differenziale – scrivono gli Autori del Rapporto – sono l’attuabilità della produzione competitiva, la necessità di un accesso rapido a piccole quantità di farmaci e la mancata esistenza di un mercato prima dell’introduzione del sistema DP. Secondo gli esperti, quest’ultimo presupposto è anche la ragione più probabile per cui il DP non avrebbe successo nel migliorare l’accesso dei pazienti nei paesi a medio reddito, dove i mercati esistono già.
 
Laddove è stato applicato – osservano gli Autori – il DP è stato inteso più come criterio per migliorare l’accesso che come strumento di contenimento dei costi. La concorrenza, in particolare l’ingresso di farmaci generici, si è rivelata, infatti, più efficace per il secondo obiettivo. I due limiti del DP più frequentemente citati sono l’esistenza del commercio parallelo (parallel trade), che comporta la ‘fuga’ di farmaci dai paesi con prezzi più bassi verso quelli in cui i prezzi sono più elevati, e l’uso diffuso dell’EPR, che non incentiverebbe le aziende farmaceutiche ad offrire prezzi inferiori nei paesi a basso reddito.
 
Il presupposto principale per l’introduzione di un sistema DP ad esempio per categorie selezionate di farmaci – sostengono gli Autori del Rapporto – sarebbe l’accordo degli Stati Membri sui principi e sui meccanismi di questo nuovo approccio collaborativo. L’implementazione di un sistema di DP richiederebbe l’accettazione e l’impegno a fornire farmaci costosi ai paesi a basso reddito a prezzi notevolmente inferiori. In tal modo i paesi ad alto reddito, sostenendo prezzi superiori, contribuirebbero con una quota maggiore alla ricerca e allo sviluppo dei farmaci, che rappresentano, ineludibilmente, un bene pubblico globale.

Poiché non vi è alcuna esperienza con i DP nei paesi ad alto reddito, gli Autori suggeriscono la conduzione di uno o più progetti pilota su farmaci ad alto costo, come i medicinali orfani o i medicinali con benefici terapeutici attesi elevati. L’individuazione di un farmaco candidato potrebbe avvenire grazie a un dialogo precoce tra regolatori, organismi di HTA e pagatori, sul modello di altri progetti pilota come i “percorsi adattivi” (Adaptive Licensing/Pathways – MAAPs) e il progetto MoCA (Meccanismo di accesso coordinato ai medicinali orfani).
 
Secondo il Rapporto della Commissione Europea gli Stati Membri dell’UE dovrebbero decidere se optare per miglioramenti tecnici da apportare al sistema dell’EPR, che possono attuare unilateralmente, aiutando a garantire la sostenibilità del sistema, o, alternativamente, prendere in considerazione determinate caratteristiche socio-economiche in materia di prezzi, unilateralmente o in un approccio collaborativo, come un sistema di DP, come misura per migliorare l’accesso.
 
L’introduzione di un sistema di prezzi differenziati a pieno titolo in Europa, anche se non del tutto impossibile, richiederebbe tuttavia un coordinamento centrale, così come di affrontare ostacoli al momento assai rilevanti in termini legali, tecnici, organizzativi e politici e potrebbe non essere la scelta più auspicabile per affrontare le sfide costituite dall’equo accesso ai farmaci. Il report raccomanda pertanto di concentrarsi sui miglioramenti da apportare ai sistemi basati sul prezzo esterno di riferimento correntemente esistenti, come primo passo concreto.        
 
Gli Autori ricordano inoltre che il loro studio ha esaminato esclusivamente due tipi di politiche (EPR e DP) e che ulteriori strategie di determinazione del prezzo, nonché i meccanismi di rimborso strettamente legati ai prezzi (come il prezzo basato sul valore, HTA, valutazioni farmaco-economiche, e i MEA) non rientravano nello spettro dell’indagine. Secondo gli Autori sarebbe auspicabile avviare ulteriori ricerche il cui campo di applicazione non sia limitato a queste due politiche di prezzo.
 
Il dibattito sulla definizione di un prezzo “equo” per i medicinali, prosegue, ed è sempre più evidente la necessità di coinvolgere altre parti interessate, oltre alle autorità regolatorie e all’industria. In futuro acquisiranno maggior peso i tavoli multistakeholder all’interno dei quali i soggetti interessati, in primis i pazienti, potranno discutere apertamente senza essere vincolati a un mandato istituzionale. Tale dialogo potrebbe consentire di generare soluzioni alternative per risolvere questo problema che è rapidamente divenuto una questione cruciale in tutto il panorama internazionale.

 

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