Uno dei fenomeni a cui il mondo universitario sta assistendo e a cui guarda con preoccupazione, è quello del mancato ingresso di una parte dei nuovi laureati nel mondo del lavoro professionale, inteso in termini di mancata iscrizione o repentina cancellazione dai nostri Ordini professionali.
Tale fenomeno, sintomo di mancata fiducia delle nuove generazioni, diviene una necessità per tutti coloro che decidono di proseguire e migliorare la formazione degli studi attraverso i percorsi delle Scuole di Specializzazione o di Dottorato di ricerca o anche più semplicemente attraverso corsi di perfezionamento post-laurea.
Principale causa che alimenta tutto ciò è l’obbligo, connesso all’iscrizione all’Ordine, del pagamento della quota Enpaf che, per intera o percentualmente ridotta, viene comunque ad incidere in maniera particolarmente rilevante su chi percepisce a volte una modestissima retribuzione sotto vario titolo, quale borsa di studio o altri generi di strumenti di precariato. Ancora più assurda è la situazione di chi è costretto ad effettuare tali percorsi in maniera del tutto gratuita come nel caso del corso di specializzazione in Farmacia Ospedaliera, il cui iter quadriennale non prevede alcuna copertura finanziaria, o come nel caso del dottorato di ricerca, in cui il numero di borse è talmente esiguo rispetto alle richieste, da costringere i molti che pur intendono accedervi a scegliere di effettuare il percorso di studi in maniera non retribuita.
Per tali motivazioni trovo più che giustificata e, soprattutto in linea con la attuale realtà economica-professionale del mondo dei laureati in farmacia, la proposta della Fofi di prevedere una contribuzione simbolica di un solo euro per tutti coloro che risultino essere non percettori di reddito in generale, ma ancora di più per coloro che sono impegnati in percorsi formativi post-laurea di approfondimento. Ritengo che investire in un miglioramento culturale debba essere un progetto prioritario su cui tutte le componenti della categoria debbano puntare, quale patrimonio non solo dei giovani, ma soprattutto di coloro che già operano nel mondo della professione a vario titolo.
Chiaramente questa spinta propositiva e propulsiva che, in un futuro immediato potrà rappresentare il volano di una trasformazione ontologica del mondo della farmacia, non può essere lasciata al senso di responsabilità e sacrificio anche economico di una parte di essa, ma avrebbe, invece, bisogno di una forte politica di sostegno ed incentivazione. La storia ci ha insegnato che è proprio nei momenti di difficoltà economica e di identità di ruolo che bisogna investire in nuove idee e soprattutto in cultura.
In questo scenario sono convinto che, anche il nostro Ente di previdenza debba saper tutelare non solo gli interessi ed i diritti di una parte dei propri appartenenti, ma debba essere capace di tutelare il futuro dell’intera categoria, puntando ed investendo sui giovani e sulla parte più debole degli iscritti, cercando di evitare che essi abbandonino il mondo della professione, anche a costo di chiedere un sacrificio economico a tutti gli altri.
Ettore Novellino
Presidente Conferenza Presidi Facoltà di Farmacie Italiane