Con gli attuali tassi di obesità e le proiezioni per il futuro ancora più sconfortanti, ogni notizia sul fronte di possibili nuove terapie per questa pandemia è accolta con grande interesse. Soprattutto quando a pubblicarla è una rivista prestigiosa come Nature Communications.
Uno studio condotto presso il Centenary Institute dell’Università del New South Wales (Sydney, Australia) ha portato alla messa a punto di un farmaco mirato contro un enzima implicato nella resistenza insulinica, condizione che tra l’altro dà un contribuito chiave a patologie metaboliche quali il diabete di tipo 2.
L’enzima in questione appartiene alla famiglia della ceramide sintetasi 1 (CerS1) che produce molecole lipidiche (le ceramidi) in grado di promuovere insulino-resistenza nel muscolo scheletrico, nel fegato e nel tessuto adiposo.
Il nuovo farmaco putativo (il P053, un inibitore selettivo della ceramide sintetasi 1) è stato testato su topi nutriti con dieta ad alto contenuto di grassi, dove però anziché correggere lo stato di insulino-resistenza, ha rivelato delle interessanti performance anti-obesità. Il nuovo farmaco in particolare si è rivelato in grado di impedire la formazione di depositi di grasso, aumentando la capacità di ‘bruciarlo’ a livello dei muscoli scheletrici. Questo ha permesso di definire il ruolo della CerS1 come inibitore endogeno dell’ossidazione degli acidi grassi mitocondriali nel muscolo, nonché di regolatore dell’adiposità corporea.
Un risultato inaspettato dunque che potrebbe andare oltre le più rosee aspettative. “Visti questi risultati – commenta il professor Anthony Don del Centenary Institute – ci piacerebbe riuscire a sviluppare farmaci mirati contemporaneamente contro la ceramide sintetasi 1 e 6 e vedere se questo può produrre un maggior effetto anti-obesità e insulino-sensibilizzante. Abbiamo fatto un passo importantissimo ma è ancora presto per trasferire alla clinica questi risultati”.