Tagli alla spesa e farmaci generici protagonisti a Ballarò su Rai Tre ieri sera. Si parte dai primi con un servizio che mostra l’entità dei tagli alla spesa. Ma il Governo non la vede allo stesso modo. “La spesa per la sanità non si è mai ridotta in termini d’investimento nemmeno negli anni più difficili. È stata al massimo fermata. Nel Def abbiamo uno stanziamento di 111 mld per il 2016 che nel 2017 diventeranno 113 mld e nel 2018 saliranno a 115 mld”, ha detto il vice-ministro dell’Economia Enrico Zanetti. Incalzato però dal conduttore Massimo Giannini che evidenzia come in rapporto al Pil la spesa sanitaria diminuisca il vice ministro replica. “I tagli intesi come meno soldi non ci sono stati”.
A questo punto però è intervenuto in dissenso il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: “Ogni anno in sanità è fisiologico un aumento di 1,5mld. Quindi ogni volta che si va sotto questo incremento vuol dire che si sta tagliando. E il taglio, per esempio l’anno scorso è stato catastrofico. Avevamo sottoscritto il Patto per la Salute e il Governo aveva promesso 3 mld in più. Ciò non è avvenuto e sono stati tagliati 2 mld e l’aumento è stato solo di un mld. Risultato? Stiamo tornando indietro sugli indici di mortalità. In Italia si muore di più, si muore per mancanza di cure, si muore per povertà”.
Zanetti non molla: “Non credo che due miliardi su 111 vogliano dire necessariamente tagli sui servizi” e c’è spazio per ridurre sprechi.
Secco Emiliano: “Il Patto per salute non lo abbiamo potuto rispettare perché abbiamo fatto il taglio delle tasse sulla prima casa. Se al cittadino tagli le tasse sulla casa ma poi lo fai morire in ospedale non è che hai concluso molto”.
A gettare luce su un quadro triste ci ha pensato il giornalista Alan Friedman. “Quando si parla di sanità il sistema italiano non è malvagio se paragonato al mio paese (gli Usa ndr.). Anzi i repubblicani dicono che sanità non è un diritto, è un lusso”.
Analisi e scenari sul nostro sistema sono poi giunti da Federico Spandonaro dell’Università di Tor Vergata che ha rinnovato alla platea televisiva la sua ricetta. “Sono fautore del Ssn. Però i conti sono fatti, e non tornano. Noi spendiamo il 30% in meno rispetto ai Paesi occidentali e ridurre ancora la spesa non si può. È poi da segnalare che per la prima volta l’aspettativa di vita, di cui negli anni abbiamo fatto un vanto del Paese, sta peggiorando”.
“Noi oggi distribuiamo ancora tutto in maniera indiscriminata – rileva – se ho un reddito medio alto non ho bisogno dell’intervento dello Stato per curare l’ipertensione che mi costa 20 euro al mese, ma se ho l’epatite c ovviamente ho bisogno dello stato per cure che costano migliaia di euro”. In questo quadro la proposta di Spandonaro è di “ripensare il welfare in maniera integrata e sussidiaria. Ci dimentichiamo poi che il Ssn non è isolato. 7 mln di cittadini hanno fondi integrativi”.
A prescindere da tutto per gli italiani il futuro della sanità non è pubblico. Nel sondaggio della Ghisleri il 65% ha risposto che stiamo andando verso una sanità privata”.
Come dicevamo Ballarò ha affrontato il tema dei farmaci prendendo in esame l’aspetto branded vs generici, con medici e farmacisti ‘accusati’ di ‘privilegiare’ i primi rispetto ai secondi. Nel servizio il farmacologo Silvio Garattini sottolinea che a livello di medicinali “non c’è nessuna differenza” e gli italiani hanno speso un miliardo (la differenza di prezzo) per acquistare i farmaci di marca sostanzialmente sprecando risorse in nome del motto “sulla salute non si risparmia”.
Ma la segretaria dello Smi Pina Onotri rivela: “Io tendo a prescrivere sempre il farmaco di marca con il nome del principio attivo accanto lasciano poi la libertà al paziente di scegliere a meno che io non ritenga che vi siano delle condizioni cliniche tali per cui per il farmaco non può essere sostituito”.
Dobbiamo notare come il tour nelle farmacie del servizio sia stato abbastanza impietoso per quest’ultime. Solo in un caso su 10 è stato proposto il generico al posto del branded cosa che invece i farmacisti sono sempre tenuti a fare.
A difendere la categoria ci ha pensato la presidente di Federfarma Annarosa Racca presente in studio: “Dico invece che il farmaco equivalente è riconosciuto in Italia grazie al lavoro fatto dalle farmacie”.
Ma Giannini sottolinea: “Nei servizi che abbiamo mostrato non si vede questo”.
Replica di Racca: “Sono tante le farmacie, sono tanti i farmacisti e noi siamo obbligati per legge” a proporre il generico e lo facciamo “quotidianamente e in ogni area del Paese. All’inizio nessuno voleva credere al farmaco equivalente. E sono stati i farmacisti a farli conoscere. E poi ricordiamo che nelle farmacie solo il 23% dei medicinali che abbiamo sono branded”.
A fare scudo alle farmacie ci ha pensato il governatore Emiliano: “Devo spezzare una lancia nei confronti dei farmacisti. Sono sotto un attacco infernale delle multinazionali del farmaco alla loro figura come consulente personale del cittadino. Si tende a trasformare le farmacie in supermercati del farmaco. Il capitale va fermato dall’arbitro” invece “si tende a voler togliere la figura del professionista consentenso alle grosse società di avere più farmacie senza più il titolare della farmacia e questo processo è analogo a quello che si sta svolgendo con i farmaci dove non si vuole fare l’appalto sulla molecola generica ma sulla marca del farmaco”.
Friedman però non ci sta e ci va giù duro: “In Italia i farmacisti sono una lobby come i tassisti come i notai e bisogna liberalizzare le farmacie. Dobbiamo averne di più anche nei supermercati. La vita degli italiani è rovinata dal cercare una farmacia di turno la domenica”.
Il vice ministro Zanetti rivendica la sua posizione pro liberalizzazioni fascia C: “Noi ci siamo battuti e non abbiamo nemmeno votato il provvedimento (Ddl Concorrenza) per queste e altre misure che avrebbero dovuto esserci, fermo restando però che questo tipo di processo potrebbe più utilmente essere fatto in dialettica con gli operatori piuttosto che in provvedimenti multi settoriali perché è anche vero che negli stati dove si sottraggono pezzi di attività senza costruire un piano si rischia di creare un’utilità oggettiva di concorrenza con una disutilità di sistema. Quindi parliamone da un’altra parte”.