Farmaceutica. Italia prima in Europa nella produzione “conto terzi”. Produciamo di più di Germania e Francia

Una survey di Prometeia e Farmindustria fa il punto su una realtà industriale italiana ancora poco conosciuta

A cura di Redazione Farmalavoro

Se l’azienda manifatturiera in Italia fosse stata prevalentemente farmaceutica non avremmo avuto la crisi che ancora oggi sentiamo. E se oggi stiamo archiviando la crisi, un po’ è anche merito del comparto farmaceutico. Così si è espresso Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria all’incontro stampa presentato da Prometeia sul valore della produzione farmaceutica per conto terzi, ossia lo sviluppo e produzione dei farmaci fatti da Officine farmaceutiche italiane per conto delle Multinazionali.
 
“In questo comparto siamo primi in Europa, superando di gran lunga Germania e Francia – ha detto il presidente –  ma la Governance italiana pone ancora troppi ostacoli allo sviluppo di questo comparto che soffre di quel balzello amministrativo chiamato Pay back, secondo il quale l’Azienda deve rimborsare l’eccedenza della distribuzione farmaceutica negli ospedali secondo parametri inadeguati allo sviluppo tecnologico. Siamo comunque soddisfatti dei buoni rapporti con Governo e Aifa, che credono nel nostro settore e ci inducono a ben sperare. Soprattutto, siamo in attesa di un nuovo regolamento europeo sulla ricerca e, fortunatamente, per la prima volta, stiamo procedendo insieme per accoglierlo prima di altri. Se saremo preparati, riusciremo a sorpassare i concorrenti stranieri”.
 

Ma che cos’è questo comparto di manifatture farmaceutiche conto terzi? La sigla è CDMO, dall’inglese Contract development and manufactoring organization, che sta per azienda di produzione e sviluppo a supporto delle multinazionali. Ma in realtà non si tratta di una produzione conto terzi, perché le aziende, certificate, che accettano di produrre farmaci con questa formula, devono sottostare alle normative delle case farmaceutiche, in termini di impianti, manutenzione, qualità e sicurezza dei prodotti alla pari delle case farmaceutiche, ma spetta loro la distribuzione del farmaco in tutte le parti del mondo, sotto la guida della casa madre.
 
Per dirla in termini di mercato, questo comparto in Europa vale 5 miliardi di euro e un miliardo e mezzo riguarda l’Italia che supera la Germania che è a 1,2 miliardi e la Francia che è a uno. Quindi il 29% della produzione conto terzi europea, molto di più di quel 13 per cento che ha accumulato l’azienda manifatturiera in Europa.
 
“In pratica siamo sul podio, al primo posto – ha detto Giorgio Bruno, general manager di Racipharm Italia, una delle aziende per conto terzi della provincia di Milano – e  possiamo proprio dire che si tratta di una eccellenza del nostro paese, grazie ai nostri sistemi di produzione e di controllo della qualità. Il termine conto terzi, però, non ci dà ragione, perché noi siamo i responsabili della produzione e noi siamo quelli che devono produrre in base alle regole dei Paesi che ci richiedono il farmaco. Dal Brasile al Giappone, le normative sono diverse non soltanto per il confezionamento, ma anche per il modo di garantire sicurezza del farmaco e degli ambienti, con particolare riguardo anche alla protezione e cura del personale addetto alla lavorazione. Il farmaco, la scatoletta o la bottiglietta, esce con il nome della casa produttrice, noi siamo scritti nel bugiardino, come officina di produzione e per questo siamo responsabili davanti al pubblico e davanti alle organizzazioni governative”.
 
Chi lo sostiene? Il CDMO è l’insieme di aziende piccole e grandi, sparse in Italia in quasi tutte le regioni, ma prevalentemente al nord, Lombardia in testa, seguita da Veneto e Lazio, gestite in modo familiare con capitale italiano, oppure con finanziamenti stranieri o ancora sostenuta da Fondi che vedono nel comparto, che non  conosce crisi, un ottimo investimento, nonostante la pressione fiscale sia più alta che nei paesi europei e la burocrazia che ancora ostacola l’avvio delle procedure di lavorazione.
 
A questo proposito Massimo Scaccabarozzi ha tenuto a sottolineare l’interesse e l’impegno del governo per avviare una nuova Governance del settore, soprattutto tenendo conto che oggi tutti i farmaci biotecnologici, di ultima generazione, compresi i nuovi che verranno, che sono stati scoperti 10 anni fa, sono destinati alla cura ospedaliera e comportano un versamento di denaro alle casse pubbliche dalle Aziende farmaceutiche che hanno superato il budget previsto del 3,5%.
 
A conferma dei buoni rapporti tra Farmindustria e governo c’è da sottolineare la soddisfazione per la scelta di un nuovo manager alla guida dell’AIFA e la possibilità di nuove assunzioni che favoriscano le procedure di autorizzazione.
“Abbiamo accettato di aumentare il costo delle pratiche ispettive – ha detto Scaccabarozzi – per non far pesare all’Aifa i costi delle assunzioni, purché le procedure amministrative siano snellite”. .
 

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