Il prolungamento della vita e le elevate aspettative dei cittadini, dei malati e degli operatori sanitari pongono con urgenza il tema della valorizzazione dell’innovazione terapeutica e farmacologica e quello della effettiva disponibilità dei nuovi farmaci per i pazienti che ne hanno bisogno. Ma gli ostacoli sono molteplici. E se la crisi economica non aiuta, a frenare Ricerca e Sviluppo sono anche problematiche di natura politica, dall’inadeguata tutela del brevetto ai ritardi di immissione dei nuovi farmaci sul mercato e nei prontuari regionali, per fare un esempio. Per invertire la rotta, il Forum per la Ricerca Biomedica, insieme al Censis, ha realizzato un documento che illustra le criticità più importanti legata alla produzione dei farmaci, ma avanza anche alcune proposte per risolverle rivedendo, ad esempio, il ruolo dei soggetti coinvolti nelle diverse fasi del processo, le piste di lavoro prioritarie per la ricerca di base e per quella applicata, i processi regolatori, le modalità di remunerazione dell’innovazione in fase di immissione sul mercato, l’accesso da parte dei pazienti alle terapie innovative.
La sifda dei farmaci. Imprese in prima linea
Evidente e in crescita è la domanda di cure sempre più efficaci, e di una copertura degli assistiti senza lacune ed eccezioni. Le aspettative nei confronti dei farmaci sono elevate in termini di guarigione, di miglioramento della qualità della vita e di supporto per una convivenza accettabile con la malattia.
In particolare, il 36,7% degli intervistati dal Censis ritiene che la finalità dei farmaci debba essere quella di guarire le malattie, per il 7,4% di sconfiggere le malattie mortali, per il 15,5% prevenire le malattie, per il 19,5% devono dare la possibilità di convivere accettabilmente e a lungo con le malattie croniche, per il 20,9% contribuire al miglioramento della qualità di vita.
Ma la ricerca ha un costo, anche molto alto e sempre meno sostenibile dalle imprese. Basti pensare, come spiega il Rapporto, che per rendere disponibile un nuovo farmaco sono necessari circa 15 anni di studi e che solo una sostanza ogni 5-10 mila supera con successo i molti test necessari per essere approvata. Solo 2 farmaci su 10 consentono di ammortizzare i costi di R&S, e gli investimenti diretti possono superare 1 miliardo di euro, arrivando a 2,6 se vi si aggiunge il costo del capitale investito nel progetto preliminare di ricerca.
Le imprese del farmaco sono comunque decise a raccogliere e vincere la sfida. Infatti, seppure rallentata rispetto allo scorso decennio, l’evoluzione degli investimenti in R&D farmaceutica nei prossimi 6 anni è prevista in costante aumento.
La crisi economica e quella dei farmaci
La crisi economica, la scadenza di numerosi brevetti e l’andamento crescente della spesa farmaceutica ospedaliera, rischiano di avere effetti negativi sulla quantità e qualità degli investimenti in ricerca biomedica. Secondo quando si legge nel rapporto, la scadenza di brevetto dei farmaci immessi in commercio negli ultimi decenni, che ha raggiunto nel 2012 il proprio picco, ha prodotto vendite a rischio pari a 67 miliardi di US$ per la scadenza brevettuale di numerosi farmaci “blockbuster”.
Inoltre, dalle valutazioni effettuate da Cergas Bocconi, Ims e Farmindustria risulta che lo sforamento del tetto programmato di spesa farmaceutica ospedaliera in Italia sarà tra 2014 e 2016 di quasi 4 miliardi di euro. La insostenibilità di un simile disavanzo è evidente sia per l’industria che per il Servizio sanitario.
Strettamente legato al costo è il “fattore tempo” per quanto riguarda il percorso di ricerca, valutazione e farmacovigilanza di un nuovo farmaco. In questo contesto, “particolarmente critica – secondo il Censis – è la situazione italiana, dove i tempi di accesso per i nuovi prodotti sono stati tra 2008 e 2013 in media di complessivi 427 giorni, contro i 109 del Regno Unito, i 364 della Francia e gli 80 della Germania”. A cui aggiungere gli ulteriori ritardi per l’introduzione nei Prontuari terapeutici ospedalieri regionali. Il risultato è che i nuovi farmaci disponibili rispetto agli autorizzati Ema tra 2011 e 2013 erano il 34% in Italia, a fronte di una media europea del 52%. E i problemi non finiscono qui.
Queste criticità, tuttavia, non fanno che frenare le imprese e, con esse, la ricerca e lo sviluppo. Procurando danni alle imprese, ma anche ai pazienti e al Paese tutto, come precedentemente accennato e illustrato approfonditamente nel rapporto..
Occorre dunque intervenire. Come? “Da un lato – secondo il Censis-Forum per la ricerca biomedica – appare necessario ragionare attentamente sui meccanismi con i quali viene riconosciuta l’innovatività dei farmaci, non solo in relazione ai dati disponibili nella fase autorizzativa, ma lungo tutto il percorso di vita del farmaco. Dall’altro vanno approfonditi anche gli aspetti legati alla valorizzazione, e dunque alla analisi degli strumenti messi in campo per incentivare i farmaci innovativi e la loro utilizzazione”.
Le proposte del forum per la ricerca biomedica
Secondo il Censis-Forum per la ricerca biomedica, “proposte particolarmente importanti sono state formulate negli ultimi tempi sugli aspetti regolatori della spesa pubblica per farmaci e dei meccanismi di rimborso“. Da una parte “un saggio delisting dei farmaci a basso costo, la revisione dei prezzi di riferimento per alcune patologie, l’unificazione del tetto per la spesa farmaceutica territoriale con quello per la spesa farmaceutica ospedaliera, la rinegoziazione dei farmaci biotech a brevetto scaduto e l’introduzione di procedure price/volume, vale a dire di rimborso proporzionale ai volumi di vendita, al posto dell’attuale pay-back, se adeguatamente e tempestivamente applicate, potrebbero portare a risultati interessanti e a risparmi nell’ordine di diverse centinaia di milioni di euro”.
Per gli aspetti relativi al finanziamento, secondo il Censis-Forum per la ricerca biomedica, “occorre riflettere sugli attuali meccanismi di pay-back, che ribaltano sui produttori, e dunque anche sugli investimenti in ricerca, i risultati dei fallimenti terapeutici, quelli del carente controllo regionale sulla programmazione a livello di prescrizioni e consumi di farmaci, ed anche (ancor più grave) quelli dei disavanzi di bilancio conseguiti in altri ambiti della sanità”.
Ma bisogna anche individuare le priorità, solitamente sulla base della “promessa di successo”, e le modalità concrete di conduzione della ricerca e della sperimentazione nel campo della salute. Inoltre, per il Forum per la ricerca biomedica, “punto di assoluta importanza è quello relativo alle politiche di incentivazione dell’innovazione, ed in particolare della ricerca biomedica innovativa, ed alla relativa remunerazione, senza il quale ogni altro sforzo risulterebbe vano”.
In particolare, il Forum per la Ricerca Biomedica propone di vagliare le seguenti significative opzioni:
- la collaborazione tra pubblico e privato, “tema antico, rispetto al quale notevoli passi avanti sono stati fatti nel tempo anche in paesi come l’Italia, tradizionalmente poco inclini a simili collaborazioni. Ma molto ancora resta da fare, rispetto all’ampio possibile panorama delle collaborazioni e alleanze tra industria e accademia in modo particolare”;
- la collaborazione precompetitiva tra aziende, favorita da programmi nazionali ed internazionali;
- la definizione di innovatività nel campo specifico della ricerca biomedica e le modalità della sua misurazione e remunerazione.
C’è un punto, poi, che “appare particolarmente importante tra le proposte da portare avanti per un futuro non immediato”: quello della valutazione congiunta dei costi delle terapie in tutte le loro articolazioni. “Come accade anche in altri comparti e settori, questo ambito di spesa pubblica per le politiche del benessere soffre per la carente integrazione delle informazioni e delle valutazioni sul mix degli strumenti e dei servizi e sull’impatto complessivo del processo terapeutico sul singolo paziente e sulle categorie di pazienti. Questa carente integrazione non permette di valutare ad esempio quali siano i risparmi ottenibili in uno dei segmenti della terapia grazie al potenziamento di una altro segmento. Così non siamo in grado di produrre valutazioni rispetto ai risparmi ottenibili ad esempio nella spesa ospedaliera a seguito dell’investimento in farmaci innovativi”.
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